Sul fondo di uno dei più grandi laghi africani si nascondono enormi giacimenti di idrocarburi. Ma sfruttarli potrebbe mettere a repentaglio i già fragili equilibri del territorio

di Nicola Quadri

Al confine tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, centinaia di metri sotto la superficie del lago Kivu, uno dei sei grandi laghi africani, si nascondono 60 miliardi di metri cubi di metano e 300 miliardi di metri cubi di anidride carbonica. Per paesi come il Ruanda e la vicina Repubblica Democratica del Congo, affamati di elettricità e con poche altre possibilità per espandere la propria rete, il giacimento di gas del lago Kivu offre un’opportunità unica.

Il Ruanda ha già avviato il suo progetto estrattivo: si chiama KivuWatt ed è affidato alla multinazionale americana Contour Global. La prima piattaforma di estrazione è già stata ultimata e una volta avviata sarà in grado di produrre 25 MegaWatt di potenza, a cui si aggiungeranno nei prossimi anni ampliamenti per altri 75 MegaWatt. Ma non è solo una questione energetica. Alcuni vedono l’estrazione di metano dal lago anche come l’unico strumento per scongiurare l’eventualità di un’eruzione limnica, che costituirebbe una vera e propria catastrofe ambientale e umanitaria.

L’eruzione limnica è un tipo raro di eruzione che può presentarsi in laghi che contengono gas in pressione disciolti nelle loro acque: il gas risale in superficie improvvisamente, muovendo grandi volumi di acqua e generando veri e propri tsunami che si abbattono sulle coste. Non solo, ma una volta emersi in superficie, i gas formano delle nubi a bassa quota che si spostano con il vento nelle aree limitrofe al lago, uccidendo per asfissia gli abitanti, la flora e la fauna. L’eruzione limnica più drammatica è accaduta nel 1986 sul lago Nyos, in Camerun, quando una nube di anidride carbonica è fuoriuscita dall’acqua e si è spostata, scendendo sui fianchi del vulcano spento, per oltre 25 chilometri dalla costa e ha ucciso lungo la sua strada più di 1700 persone.

Le condizioni necessarie perché avvenga un’eruzione limnica non sono ancora del tutto chiare. La ragione fondamentale è la rottura dell’equilibrio tra la pressione del gas, che spinge per liberarlo in superficie, e la pressione dell’acqua. Questo equilibrio può rompersi per diverse ragioni, compresi eventi sismici inattesi (nel caso del lago Nyos fu una frana), ma la principale è fisiologica: mentre la pressione dell’acqua del lago a una certa profondità è fissa, quella del gas aumenta man mano che la sua concentrazione aumenta. I gas presenti in questi laghi africani sono infatti il risultato di processi tutt’ora in corso e la loro concentrazione cresce nel tempo, anche se lentamente. Nel lago Kivu il 20% del gas è metano ed è frutto del metabolismo di alcuni batteri presenti nei sedimenti del fondo, mentre il restante 80% è anidride carbonica di origine magmatica: proviene dal mantello e permea nel lago attraverso la crosta terrestre.

La quantità di gas intrappolato nel lago Kivu è impressionante se paragonata a quella del lago Nyos e la popolazione che vive intorno al bacino d’acqua è più importante: tra i 4 e i 5 milioni di individui. Nel caso di un’eruzione limnica, le vite a rischio sarebbero moltissime. Ma non tutti sono così sicuri che un’eventualità del genere sia probabile o anche solo possibile.
“La verità è che il fenomeno dell’eruzione limnica è per buona parte ancora sconosciuto”, spiega Dario Tedesco, docente di vulcanologia presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ed esperto dell’area, dove ha vissuto per gran parte degli ultimi vent’anni, seguendo svariati progetti per l’Unione Europea, le Nazioni Unite e la Banca Mondiale. “Quello che sappiamo è che in esso giocano un ruolo importante la dimensione del lago e la tipologia del bacino e i suoi fondali. Il lago Kivu ha una superficie che è quasi 2000 volte quella del lago Nyos, oltre ad avere un fondale più irregolare e molto più profondo (500 metri). Mettere a paragone i due laghi è una scelta arbitraria”.

Ci sono poi i carotaggi del fondale, che raccontano la storia del lago andando indietro di diverse migliaia di anni. Ma anche questi offrono poche certezze. Analizzandoli gli scienziati hanno trovato tracce di materia organica concentrate in determinati momenti, durante i quali grandi quantità di sedimenti provenienti dalle zone sulla costa sembrano essere entrate nel lago. Secondo alcuni studiosi questi potrebbero proprio essere i segni di passate eruzioni limniche. Potrebbero però anche essere il risultato di periodi di piogge molto intense, anche perché stiamo parlando di eventi rari, uno ogni due o tre mila anni circa.

E se quantificare il rischio di un’eruzione limnica nel lago Kivu è difficile, ci sono altri aspetti che meritano considerazione quando si valuta il progetto di estrazione di gas dal lago. Da un lato l’energia così ottenuta, se resa disponibile alla popolazione sulla costa per uso domestico, potrebbe rallentare il disboscamento dell’area: oggi chi vive in questa zona non ha altro modo di produrre energia – per scaldarsi o cucinare – che bruciando la legna raccolta dalle foreste limitrofe, che stanno rapidamente scomparendo. Dall’altro l’estrazione di gas dall’acqua è un processo delicato e complesso, che deve essere seguito con grande cautela. In caso, ad esempio, di perdite lungo le condutture di estrazione che salgono dalla zona ricca di gas verso la superficie, crescerebbe la concentrazione di anidride carbonica e metano in zone meno profonde del lago, rendendole inospitali alla vita. “Bisogna stare molto attenti. Qui le persone vivono soprattutto di pesca, attività che è già messa a dura prova dall’utilizzo che si fa del lago come di una fogna a cielo aperto, in cui si scarica ogni tipo di rifiuto senza alcun tipo di filtraggio”, spiega Dario Tedesco. “Più che un’eruzione limnica, è la compromissione dell’ecosistema del lago che mi preoccupa. Se permettiamo che il lago muoia, le milioni di persone che vivono sulle sue coste saranno davvero in pericolo.”


 

fonte: http://www.nationalgeographic.it/scienza/2016/04/28/news/lago_kivu_africa_metano_energia-3051705/